Il problema non ègarantire la privacy di Umberto Eco Oggi si parla molto di privacy - che poi vorrebbedire riservatezza, ma ormai il termine viene assunto come se significasse"diritto alta riservatezza" e dunque, benchésia un barbarismo, va usato in questo senso tecnico. Il problema è diventato urgente perchénell'epoca informatica è possibile registrare ogni mossadi ogni cittadino, da quando compera l'insalata o la rivista pornograficacon la carta di credito a quando esco dall'autostrada pagandocol Bancomat. E se poi su Internet vuole scaricare gratisun programma, deve fornire in cambio informazioni che sembranopoco riservate ma che alla fine lo espongono a varie forme dipressione indebita. Questa è la ragione principale cheha portato alla nascita di istituzioni che dovrebbero garantirela privacy, anche se questa salvaguardia si estende poi al nostrodiritto che i mezzi di massa non rendano pubbliche le nostre malattie,le nostre abitudini sessuali o la combinazione della nostra cassaforte. Ma curiosamente la difesa della privacy sembraaffermarsi in un universo in cui nessuno la desidera più.In passato la persona comune era estremamente gelosa dei fattipropri e temeva il pettegolezzo, coniugi traditi tacevano soffrendopurché non si sapesse in giro della loro disgrazia, seun parente aveva un brutto male si faceva di tutto per celarlo,non si parlava in giro dell'entità del proprio stipendio,insomma si partiva dal principio che i panni sporchi (e persinoquelli puliti) si lavano in casa. Gli unici che ostentavano quello che gli altri nascondevanoerano i potentissimi. Si pensi alla "levée du Roi"dove il povero monarca doveva fare in presenza dei cortigianiquello che al mattino ciascuno desidera fare da solo. Per nondire dei casi in cui i cortigiani dovevano testimoniare dellaconsumazione del matrimonio; e se il re aveva un'amante, era unfatto istituzionale. In tempi più vicini a noi, il potenteesibiva simboli di status, la barca di cinquanta metri, la RollsRoyce, il cilindro e il bavero di pelliccia. Con l'avvento della società dello spettacolo,sta sempre più avvenendo l'inverso. Il miliardario vestecasual, non viaggia sull'aereo in prima classe ma si sposta privatamentein elicottero, se ha molto denaro lo nasconde pudicamente in un'isoladei Caraibi. Certo, i mass media gli stanno a ridosso, lo sorprendonoal ristorante con un'affettuosa amicizia, gli intercettano unatelefonata oscena, cercano di dimostrare che si è dedicatoa pratiche innominabili con una stagista; ma il potente non èaffatto contento di questa pubblicità e se potesse la eviterebbe.Chi ha l'aria di cercarla è il falso potente, la mezzacalzetta in cerca di celebrità, l'attricetta cheavverte i fotografi che sarà in quel talristorante con quella tale persona... Ma ecco che ci avviciniamoall'altro lato della medaglia, e cioè al comportamentodelle persone sciaguratamente normali, e che soffrono di questanormalità non spettacolare. Oggi la persona comune non desidera la privacy. Seè cornuto corre in televisione a litigare con il propriopartner infedele davanti a milioni di spettatori, se suffre diuna malattia terribile sfila in pubblico con cartelli per sostenerei diritti dei suoi compagni di sventura, usa compulsivamente iltelefonino, e possibilmente in modo da essere ascoltato dagliastanti, per comunicare a tutti che ha un'amante a cui dice "cicci"o una cambiale da pagare entro il tramonto, persino il pentitismoè una forma ostentata di rinuncia a custodire segreti terribili. Benché i delegati a proteggere la privacysi diano da fare per impedire che i dati personali, comunque raccolti,vengano indebitamente divulgati, la persona comune non perde occasioneper cornunicarli a cani e porci, compila decine di certificatidi garanzia per oggettucoli che mai nessuno gli riparerà,richieste di essere tenuto al corrente su prodotti commercialidi cui nulla dovrebbe importargli, risponde a questionari,cerca di entrare in gruppi di ascolto per poter registrare corampopulo che quella sera ha preferito il film d'amore al dibattitopolitico o viceversa, agita le mani dietro a ogni intervistatotelevisivo in modo che sia chiarito senza ombra di dubbio chelui o lei quella sera erano li e non altrove, e (persino) mentrenei secoli scorsi gli abiti erano intesi a celare le forme delcorpo (le cui delizie erano riservate agli intimissimi), portasolo abiti chemostrino l'ombelico, la curva dei glutei, la cateninadella mamma sul petto villoso, la prominenza dello scroto, ilcapezzolo, tra poco il clitoride. Ne emerge pertanto che il lavoro vero a cui debbonoaccingersi le varie autorità (che nel vari paesi sono prepostealla difesa della privacy) non sarà di assicurarla a coloroche la sollecitano (percentualmente pochi sul totale della popolazione)bensì di farla considerare un bene prezioso a coloro chevi hanno entusiasticamente rinunciato (Ndr: articolo ripreso dalla rivista L'Espresso del 28 maggio 1998) |