Questo il risultato di uno studio condotto da DISI Università di Trento e Fondazione Kessler in partnership con alcune multinazionali della comunicazione (Telefonica, Telecom, Google).

I 60 partecipanti si sono resi disponibili ad utilizzare software in grado di cedere alla ricerca i dati prodotti dallo smartphone: telefonate, messaggi, tempo speso sulle app, navigazione, localizzazione e foto. E alla fine è stato chiesto loro di classificare quale tipo informazione cedono più a malincuore (i dati di geolocalizzazione) e di quotare il valore di quanto conferito (2 Euro).

Qui è possibile consultare i risultati della ricerca