Le ultime statistiche dicono che l’85% dei candidati non riceve più notizie dopo la prima application, il 71% dei datori di lavoro afferma di non trovare candidati con il profilo desiderato.
A conti fatti, un’apparente enorme perdita di tempo per tutti, un processo che non funziona, una dispersione di energie e di denaro che potrebbero essere altrimenti impiegate.
Dagli USA arriva una soluzione: si chiama Mya ed è uno chatbot A.I. (Artificial Intelligence) creato da FirstJob, azienda specializzata nel recruitment. Mya sarebbe in grado di automatizzare del 75%: conduce l’intervista dialogando attivamente con il candidato in modo inaspettato e sintonico. Pone domande contestuali sulle esigenze di lavoro, fornisce suggerimenti personalizzati, da appuntamenti per eventuali feedback o next-step. Mya, comprendendo velocemente il linguaggio naturale del candidato, può rispondere alle sue domande circa le politiche aziendali in tema di benefici, prospettive di progressione, meccanismi di assunzione e principi etici. E se non sa rispondere mette in stand-by l’interlocutore per reperire le informazioni necessarie presso l’HR aziendale. Mya conduce tutto il processo, fornendo al selezionatore finale tutte le informazioni per prendere una decisione rapida e consapevole.
FirstJob esibisce ulteriori dati a vantaggio di tutte le parti in causa: Mya accresce del 38% l’efficienza del selezionatore e del 150% la possibilità per i candidati di essere ingaggiati.
Tutto considerato, Mya è una delle poche A.I. che non ha intenzione di rubare il posto di lavoro agli umani; bensì intende aiutare gli umani a trovare collocamento. Bisognerà però fare i conti di quanti addetti alle risorse umane salteranno se la selezionatrice virtuale prende piede.
Qui su Forbes l’esperienza di un giornalista che ha interagito con lei