In un incrocio ad alta densità di traffico della città di Shenzhen che vanta oltre 10 milioni di abitanti, la polizia municipale ha installato un Intelligent Identification System che monitora 24h gli attraversamenti pedonali registrando coloro che attraversano con il rosso e riproponendo immediatamente la foto del contravventore in uno schermo elettronico posto al termine dell’attraversamento.
Uno strumento di deterrenza perché espone al pubblico giudizio degli astanti. Ma non solo. Un sistema di riconoscimento facciale consentirà alla polizia di accertare, tramite matching all’interno del database, se il medesimo pedone ha già commesso questo tipo di infrazione al fine di sanzionarlo.
La municipalità di Shenhzen intende estendere a breve il sistema in tutta la città; nel 2016 sono state oltre 200.000 le infrazioni commesse dai pedoni.
In effetti, quello del pedone menefreghista delle regole deve essere un problema molto sentito a Shenzhen. Nel 2015, la polizia era ricorsa a forme di name and shame (identifica e umilia) più artigianali: il contravventore colto in flagrante dal vigile poteva scegliere se pagare una multa fino a 16 dollari oppure fare da assistente all’attraversamento per qualche minuto vestendo pettorina e cappellino verde. Una pena alternativa probabilmente non casuale, quantomeno nella scelta cromatica dell’indumento: secondo un antico detto cinese, vestire il cappello verde significa essere “cornuti”. Un indumento, per questo, non molto amato dai cinesi che – secondo un sondaggio locale – preferirebbero pagare la multa purché sottoporsi al pubblico ludibrio.
Leggi qui l’articolo sul Cina Daily
Per la storia del cappello verde, vedi qui la notizia 2015 su CNN