Ieri pomeriggio l’aula della Camera ha approvato la norma conenuta nella cd. legge europea che innalza sensibilmente i termini di data retention nel nostro Paese. L’articolo 24 della legge in esame, fissa infatti in settantadue mesi il termine di conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico, nonché dei dati relativi alle chiamate senza risposta, al fine di garantire strumenti di indagine efficaci a fronte delle straordinarie esigenze di contrasto al fenomeno del terrorismo, anche internazionale.

Si andrà, così, a derogare l’attuale disciplina prevista dall’art.132, commi 1 e 1-bis del Codice privacy che limitavano ad un massimo di:

  • 24 mesi i termini di conservazione dei dati telefonici (30 giorni per le chiamate senza risposta);
  • 12 mesi i termini di conservazione del traffico telematico.

A settembre scorso l’Avv. Chiara Fantini di Privacy.it aveva analizzato compiutamente in questo approfondimento gli aspetti (anche oscuri) della norma in esame. Ora sembra che quei presagi si siano concretizzati.

La norma appare una mosca bianca nel panorama europeo. Il presidente del Garante Privacy Soro, ha espresso a più riprese (fin da luglio scorso) la propria contrarietà.

In nessun altra nazione sono istituiti termini di conservazione così lunghi: in alcuni paesi la data retention giustificata da ragioni di pubblica sicurezza non esiste, e altrove non si superano i 24 mesi.

C’è dunque una forte possibilità che Bruxelles apra una procedura d’infrazione o che la Corte di Giustizia europea, se investita del caso, possa esprimersi contro la disciplina italiana. All’atto pratico, potrebbe accadere che – per non aver voluto tenere parametri equilibrati – rischieremo un giorno di rimanere senza regole di data retention per il lasso di tempo intercorrente tra un’eventuale dichiarazione di invalidità della UE e la promulgazione di un ulteriore regolamentazione: quello sarebbe un vero vulnus nella strategia anti-terrorismo perché i provider non potranno più tenere alcunché fino a nuova normativa.

Oltre a questo, pare che il nostro Legislatore non abbia valutato alcuni aspetti piuttosto rilevanti:

  • per tenere 6 anni di dati di traffico, i provider dovranno aumentare a dismisura le proprie capacità di storage i cui costi è probabile saranno riversati sulle tariffe applicate agli utenti finali;
  • 6 anni di data retention sembrano essere un bel boccone per il cybercrime (più che una misura anti-terrorismo);
  • i provider potranno sfruttare per fini commerciali questa ulteriore marea di dati personali: 6 anni di traffico telefonico e Internet sono informazioni che, se debitamente analizzate, possono svelare molto della vita di ciascun individuo.