iPhone consegue un nuovo primato rendendosi protagonista del primo spot pubblicitario esclusivamente incentrato sulla privacy come valore fondamentale nella vita delle persone (clicca qui per vedere lo spot).

La sceneggiatura del filmato offre una carrellata di situazioni quotidiane in cui persone ordinarie cercano/esigono momenti di riservatezza. La breve trama si conclude il claim “If privacy matters in your life, it should matter to the phone your life is on.

Dunque Apple sta dicendo al mondo intero: se la privacy è importante nella tua vita, lo dovrebbe essere anche per il telefono tramite cui la vivi. Vale a dire: se ci tieni alla tua privacy, sappi che iPhone è il dispositivo che prende la questione molto più seriamente dei propri competitor.

Il nuovo spot conferma quel che già si era ampiamente intuito: Apple sta mettendo la privacy al centro della propria strategia di marketing. La privacy-consciousness come elemento di differenziazione rispetto all’agguerrita concorrenza.

All’ultimo CES di Las Vegas (la più grande fiera della tecnologia per i consumatori), Apple – che come al solito non ha presenziato all’evento – si sia fatta notare per un enorme cartellone pubblicitario issato nei pressi del padiglione di Google in cui campeggiava il claim “What happens on your iPhone, stays on your iPhone” (parafrasi del motto legato all’ospitante capitale del divertimento “Quel che succede a Las Vegas, rimane a Las Vegas”). A stretto giro, il CEO Tim Cook si era addirittura prodotto nella redazione di un articolo su TIME Magazine per perorare l’adozione negli USA di una regolamentazione comprensiva a tutela della privacy online degli utenti sulla scia del modello europeo principalmente incarnato dal GDPR.

Indubbiamente, Apple ha profuso molti investimenti al fine di garantire la privacy di coloro possiedono un iPhone (oltre 1 miliardo di dispositivi attivi). Sono stati via via implementati upgrade in termini di sicurezza relativamente – ad esempio – all’autenticazione per l’accesso e alla crittografia delle informazioni, il tracciamento degli utenti è minimizzato e le impostazioni “privacy by default” sono state rafforzate.

Ciò detto, anche in rifermento al “melafonino” non sono mancate in passato le preoccupazioni di privacy (ad esempio, in riferimento a possibili vulnerabilità del sistema di riconoscimento facciale o in riferimento a una supposta minor tutela degli utenti cinesi). Anche di recente s’è avvertito qualche scricchiolio: a gennaio 2019 è stato scoperto un bug che permetteva l’ascolto occulto via FaceTime prima che l’utente rispondesse alla chiamata.

Al giorno d’oggi – con i cyber-pericoli che corrono e con le migliaia di cyber-smanettoni pronti a scovare falle in ogni dispositivo – ci vuole una buona dose di coraggio per dichiararsi pubblicamente paladini della privacy senza macchia e senza paura. Solo il tempo, che tuttavia nell’era digitale scorre molto rapidamente, ci potrà dire se la strategia studiata a Cupertino si rivelerà una scommessa vincente o un azzardo mal considerato.