I droni di Amazon potrebbero non limitarsi alla consegna di pacchi aviotrasportati già prevista dal programma Prime Air.
Il 4 giugno 2019 lo US Patent and Trademark Office ha concesso registrazione ad un brevetto depositato (consultabile qui) dalla società di Jeff Bezos il 12 giugno 2015. Il brevetto rivela come il colosso dell’e-commerce stia da tempo progettando di utilizzare la propria flotta di droni per offrire alla clientela servizi “sourveillance as a service”, ossia per consentire a chi lo desidera di usufruire di un evoluto sistema di videosorveglianza mobile delle proprie pertinenze private. I vantaggi che un servizio del genere apporterebbe – specie a completamento di una sistema integrato da CCTV perimetrale e/o interna – sono facilmente intuibili perché con il supporto di un drone non c’è area esterna che non possa essere vigilata ed eventuali i corpi in movimento possono essere seguiti nei loro spostamenti. Oltre a ciò, le telecamere fisse potrebbero essere intenzionalmente disabilitate o danneggiate dai malintenzionati, abbattere un drone è molto più complicato.
I droni di Amazon sarebbero in grado di cercare segni di effrazione (come porte aperte o finestre rotte), tracce di vandalismo (ad esempio, un graffito), o evidenze di un incendio in corso. E potrebbero segnalare la presenza di estranei nella proprietà. Il brevetto indica anche che, su richiesta del cliente, i droni possono essere equipaggiati con microfoni progettati per rilevare suoni insoliti come la rottura del vetro, microfoni direzionali per captare conversazioni, e visori notturni. Qualsiasi attività sospetta sarebbe registrata e condivisa immediatamente con il proprietario della casa e la polizia locale.
I clienti potrebbero richiedere a un drone di controllare la loro proprietà su base mensile, settimanale, giornaliera o addirittura ogni ora.
Nel proprio brevetto, Amazon non dimentica di occuparsi delle problematiche di privacy inevitabilmente riconnesse al servizio specie in riferimento ai diritti dei vicini a non essere spiati. L’approccio privacy-by-design del servizio consiste in un complesso sistema di geo-fencing, una sorta di recinzione geografica virtuale che stabilisce il perimetro operativo oltre il quale il quadrimotore non può dispiegare le sue funzionalità di monitoraggio e di captazione: il geo-fencing preimpostato impedirebbe “fisicamente” ai sensori del drone di registrare immagini e suoni al di fuori della proprietà che demandato a sorvegliare. Qualora il drone acquisisse dati al di fuori dal bersaglio assegnato, è prevista una funzione di editing automatico in grado di cancellare od oscurare le riprese eccessive e, se questo non dovesse bastare, saranno passate in post-produzione per eliminare quanto l’editor automatico non sia riuscito a tagliare o anonimizzare.
Ovviamente, non è dato sapere se e quando Amazon commercializzerà un simile servizio di videosorveglianza aerea. E’ probabile che prima si debbano affrontare – su scala globale – una ampia gamma di problemi legali tra cui quelli inerenti il diritto alla privacy dei vicini (vedere un drone fermo davanti alla finestra del bagno sarebbe condizionante, a prescindere dal geo-fencing e dall’editing), dei familiari dissenzienti, o di eventuali domestici o operai al lavoro.
Se Amazon superasse tutte le questioni legali e decidesse di offrire il servizio, potremmo – in un futuro non troppo lontano – veder aleggiare un quadrimotore a pochi metri da casa nostra intento a far da sentinella alla magione del nostro vicino. Quando quel giorno arriverà, chi tra noi temesse sconfinamenti dell’oggetto volante potrebbe considerare approntare appositi sistemi di difesa. Ci si potrebbe affidare a sistemi di contraerea tradizionale (da un semplice fucile, fino a droni intercettori armati). Oppure si potrebbe rispondere a geo-fencing con geo-fencing, costruendo gabbie elettromagnetiche con impulsi in grado di mandare in tilt il drone intento a valicarne i confini virtuali.
Ma se si ripudiano le armi o non si vuole ricorrere a difese iper-tecnologiche e – comunque – non si vuole rischiare di far precipitare un oggetto volante su qualche malcapitato sottostante, sul mercato è già presente una soluzione non violenta e “biologica”.
La società olandese Guard from Above (vedi qui sito e presentazione dei servizi offerti) propone di affidare ad un rapace il presidio della proprietà. Questi volatili sono specificamente addestrati ad individuare i droni ostili, intercettarli, catturarli e portarli intatti (e, quindi, ispezionabili) al proprio padrone. Un business nato per tutelare pertinenze militari e segreti aziendali. Se il progetto di Amazon andrà in porto, non si può escludere un crescente interesse da parte di privati cittadini determinati a tutelare propria privacy dal potenziale invasivo dell’areo-sorveglianza implementata dai vicini di casa. Potremmo assistere, in altre parole, ad un imprevisto ritorno in voga della falconeria con rapaci che cattureranno e riporteranno alla base prede digitali.