Drelon v. France (application no. 3153/16)

Il caso (basato su due ricorsi) riguardava, da un lato, la raccolta e la conservazione, da parte del servizio francese di donazione del sangue (EFS), di dati personali che riflettevano il presunto orientamento sessuale del ricorrente – unitamente al rigetto della sua denuncia penale per discriminazione – e, dall’altro, il rifiuto delle sue offerte di donazione di sangue, unitamente al rigetto da parte del Consiglio di Stato del suo ricorso giurisdizionale che contestava un’ordinanza del 5 aprile 2016 che modificava i criteri di selezione dei donatori di sangue.

La Corte ha ritenuto che vi fosse stata una violazione dell’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo a causa della raccolta e della conservazione dei dati personali in questione. Nell’affrontare il primo ricorso, ha ritenuto che la raccolta e la conservazione di dati personali sensibili costituisse un’ingerenza nel diritto del ricorrente al rispetto della sua vita privata. Tale interferenza aveva una base giuridica prevedibile, in quanto il potere discrezionale delle autorità di istituire una banca dati di istituire una banca dati sanitaria a tale scopo era sufficientemente regolamentato dalla, allora in vigore Legge del 6 gennaio 1978. Mentre la raccolta e la conservazione dei dati personali relativi ai candidati donatori di sangue candidati donatori di sangue contribuivano a garantire la sicurezza del sangue, era tuttavia particolarmente importante che i dati sensibili in questione fossero accurati, aggiornati, aggiornati, pertinenti e non eccessivi rispetto agli obiettivi perseguiti; inoltre, il periodo di conservazione dei dati doveva essere il periodo di conservazione dei dati deve essere limitato a quanto necessario.

La Corte ha osservato, in primo luogo, che anche il ricorrente si era rifiutato di rispondere alle domande sulla sua vita sessuale durante la visita medica prima della visita medica prima della donazione di sangue, i dati includevano una controindicazione alla donazione di sangue specifica per gli uomini che avevano rapporti sessuali con altri uomini. La Commissione ha concluso che i dati in questione si basavano su mere speculazioni senza alcuna base fattuale comprovata.

In secondo luogo, dopo aver rilevato che il Governo non aveva dimostrato che il periodo di conservazione dei dati (all’epoca fino al 2278) era stato regolato in modo tale da non poter superare il periodo necessario per lo scopo perseguito, la Corte ha ritenuto che l’eccessivo periodo di conservazione dei dati aveva reso possibile un uso ripetuto dei dati contro il ricorrente, e quindi di escluderlo automaticamente dalla possibilità di essere un donatore di sangue.

Per quanto riguarda il secondo ricorso, il Tribunale ha respinto in quanto tardivi i reclami relativi alle decisioni di di esclusione del ricorrente dalla donazione di sangue del 16 novembre 2004 e del 9 agosto 2006. Per quanto riguarda la decisione del 26 maggio 2016, la Corte ha ritenuto che il ricorrente non potesse invocare una violazione degli articoli 8 e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione della Convenzione per quanto riguarda il provvedimento del 5 aprile 2016, in quanto non era ancora in vigore alla data del rifiuto in questione.