La Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha confermato con sentenza del 14/9/2022 riguardante il caso T‑604/18 la multa da oltre 4 miliardi di euro – ritoccandola a 4,125 con lieve rispetto ai 4,343 decisi nel 2018 – inflitta dalla Commissione europea a Google per aver utilizzato il suo sistema operativo Android al fine consolidare la propria posizione di predominio nel segmento delle ricerche online e della pubblicità. Tratta della la più alta sanzione pecuniaria mai irrogata dalla UE per violazione delle proprie norme antitrust.

A seguito di indagine avviata nel 2015, con la decisione del 18 luglio 2018 la Commissione aveva censurato Google per aver abusato della sua posizione dominante, imponendo – fin dal 2011 – restrizioni contrattuali anticoncorrenziali ai produttori di dispositivi mobili nonché agli operatori di reti mobili.

In particolare, Google:

  • ha imposto ai produttori di preinstallare l’applicazione Google Search e la sua applicazione di browsing (Chrome) come condizione per la concessione della licenza relativa al portale di vendita di applicazioni di Google (Play Store);
  • ha pagato alcuni grandi produttori e operatori di reti mobili affinché preinstallassero a titolo esclusivo l’applicazione Google Search sui loro dispositivi;
  • ha impedito ai produttori che desideravano preinstallare le applicazioni Google di vendere anche un solo dispositivo mobile intelligente funzionante con versioni alternative di Android non approvate da Google.

Secondo la Commissione, queste restrizioni avevano tutte lo scopo di proteggere e rafforzare la posizione
dominante di Google in materia di servizi di ricerca generica e, pertanto, gli introiti ottenuti da quest’impresa mediante gli annunci pubblicitari collegati a queste ricerche. L’obiettivo comune perseguito dalle restrizioni controverse e la loro interdipendenza hanno indotto pertanto la Commissione a qualificarle come infrazione unica e continuata all’articolo 102 TFUE e all’articolo 54 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE).

La sentenza della Curia europea conferma l’impianto accusatorio della Commissione e sancisce definitivamente che la UE non tollera tali abusi e restrizioni che vanno non solo a discapito della libera concorrenza nel mercato ma anche a della libertà di scelta dei consumatori. Libera scelta dei consumatori – ed è qui che rilevano i profili di privacy non direttamente richiamati dal procedimento antitrust  – che deve sostanziarsi anche nella facoltà di utilizzare un dispositivo Android senza dover essere indotti (tramite pre-impostazioni difficili da modificare) a riversare nell’ecosistema Google tutti i propri dati personali di utente mobile. Chi lo desidera dovrebbe poter agevolmente fruire di altri motori di ricerca e di altre app senza ostacoli, condizionamenti o penalizzazioni di sorta. In altre parole, ognuno dovrebbe poter decidere liberamente – anche se acquistasse o avesse in regalo un dispositivo Android – dove e con chi spendere la propria esistenza digitale.