Google ha accettato di pagare 23 milioni di dollari per risolvere una vicenda giudiziale – iniziata ormai 13 anni fa – che vede il motore di ricerca della compagnia californiana accusato di aver indebitamente ceduto le informazioni personali dei consumatori ad inserzionisti pubblicitari e ad altre terze parti.

La pratica contestata, nel frattempo dismessa Google, consentiva ai publisher paganti di conoscere la query (ossia quanto digitato nella stringa del search engine) che avrebbe condotto l’utente ad un link di loro competenza: uno dei tanti strumenti messi a disposizione da Google per consentire agli advertiser di interpretare il comportamento dei consumatori ed elaborare strategie di digital marketing. Il problema è che le query possono rivelare informazioni di carattere personale e, dunque, il colosso di Mountain View praticava una specifica attività di data sharing di cui gli utenti non erano adeguatamente informati.

Se accettato dal giudice della Corte distrettuale degli Stati Uniti Edward Davila a San Jose, in California, l’accordo proposto consentirà ai circa 200 milioni di internauti statunitensi che hanno effettuato ricerche su Google tra il 25 ottobre 2006 e il 30 settembre 2013 di richiedere una parte del fondo di risarcimento.

In precedenza Google aveva cercato di risolvere la vertenza promettendo di donare 5,3 milioni di dollari a sei organizzazioni non profit e scuole e più di 2,1 milioni di dollari agli avvocati che avevano intentato la causa. Ted Frank, fondatore del Center for Class Action Fairness, aveva contestato questo accordo, sostenendo che non compensasse in alcun modo gli utenti di Google. La sfida è arrivata fino alla Corte Suprema che nel 2019 ha rinviato la questione a Davila per decidere su una questione separata: stabilire se Google avesse causato, o meno, un danno concreto agli utenti trasmettendo le loro query di ricerca a terzi.

Davila ha stabilito nel 2020 che il danno era sussistito e che gli utenti potevano procedere con diverse richieste di risarcimento, tra cui quelle relative alla violazione da parte di Google delle disposizioni federali contenute nello Stored Communications Act e all’inadeguatezza delle politiche di privacy rappresentate agli utenti stessi in tema di condivisione dei loro search terms.

Nel 2021 Google e i legali dei consumatori hanno comunicato a Davila di aver raggiunto un accordo provvisorio, ma hanno continuato a negoziare sui dettagli per gran parte dello scorso anno fino a giungere a questo settlement da 23 milioni di dollari.

Solo un paio di mesi fa Google si era vista costretta, in un accordo con 40 Stati americani, ad accettare di pagare USD 392 milioni per porre fine alle accuse di aver tracciato la posizione geografica degli utenti che avevano disattivato la funzione di geolocalizzazione sui propri dispositivi.