Il 16 ottobre 2024, il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) ha adottato in via definitiva – dopo consultazione pubblica – la versione 2.0 delle Linee guida sull’applicabilità dell’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva ePrivacy alle tecnologie di tracciamento emergenti.
Bene ricordare che l’art. 5, par. 3 della direttiva ePrivacy recita: “Gli Stati membri assicurano che l’uso di reti di comunicazione elettronica per archiviare informazioni o per avere accesso a informazioni archiviate nell’apparecchio terminale di un abbonato o di un utente sia consentito unicamente a condizione che l’abbonato o l’utente interessato sia stato informato in modo chiaro e completo, tra l’altro, sugli scopi del trattamento in conformità della direttiva 95/46/CE e che gli sia offerta la possibilità di rifiutare tale trattamento da parte del responsabile del trattamento. Ciò non impedisce l’eventuale memorizzazione tecnica o l’accesso al solo fine di effettuare o facilitare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica, o nella misura strettamente necessaria a fornire un servizio della società dell’informazione esplicitamente richiesto dall’abbonato o dall’utente”.
Le linee guida si basano sul precedente parere 9/2014, incentrato sul digital fingerprinting dei dispositivi, e mirano a chiarire l’applicazione della direttiva a tecnologie quali il tracciamento di URL e pixel, l’elaborazione locale e gli identificatori unici, tra le altre.
Le linee guida sono rivolte ai titolari del trattamento dei dati così come agli individui, e mirano a fornire maggiore certezza giuridica. L’EDPB chiarisce le tecnologie che sono coperte dall’art. 5, par. 3 della direttiva in particolare per quanto riguarda le tecniche di tracciamento nuove ed emergenti.
Le linee guida definiscono i concetti di cui all’art. 5, par. 3 della direttiva ed esemplificano alcuni casi d’uso di tecniche di tracciamento comuni. Inoltre, le linee guida affrontano le possibili soluzioni ai nuovi rischi per la privacy emersi a causa dell’incertezza sull’ambito di applicazione dell’art. 5, par. 3 della direttiva.