Garante per la protezione     dei dati personali GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI PROVVEDIMENTO 23 novembre 2006 Linee guida in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro alle dipendenze di datori di lavoro privati. (Pubblicato sulla GU n. 285 del 7-12-2006)
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI Nella riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vice presidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti, e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale; Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), con particolare riferimento all'art. 154, comma 1, lettera h); Esaminate le istanze (segnalazioni, reclami e quesiti) di lavoratori, organizzazioni sindacali ed imprese, pervenute in materia di trattamento di dati personali di lavoratori operanti alle dipendenze di datori di lavoro privati; Viste le pronunce adottate dall'Autorità in ordine a specifiche operazioni di trattamento di dati personali effettuate nell'ambito della gestione del rapporto di lavoro, anche a seguito di ricorso degli interessati; Ritenuta l'opportunità di procedere alla definizione, in tale contesto, di un quadro unitario di misure ed accorgimenti necessari e opportuni in grado di fornire ulteriori orientamenti utili per i datori di lavoro e i lavoratori in ordine alle operazioni di trattamento di dati personali connesse alla gestione del rapporto di lavoro, individuando, a tal fine, i comportamenti più appropriati da adottare; Rilevata l'esigenza che tale quadro sia riassunto in alcune linee guida, suscettibili di periodico aggiornamento, di cui verr à curata la più ampia pubblicità, anche attraverso il sito Internet dell'Autorità (http://www.garanteprivacy.it); Ritenuta la necessità che le misure e gli accorgimenti relativi al trattamento di dati biometrici di cui al punto 4 delle Linee guida di cui al successivo dispositivo siano altresì oggetto di una prescrizione del Garante ai sensi degli articoli 17, 154, comma 1, lettera c) e 167, comma 2 del Codice, considerati i maggiori rischi specifici che tale trattamento pone per i diritti e le libertà fondamentali, nonchè per la dignità dell'interessato; Viste le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000; Relatore il dott. Mauro Paissan; Delibera: 1. di adottare le "Linee guida in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro alle dipendenze di datori di lavoro privati", di cui al documento che è allegato quale parte integrante della presente deliberazione (Allegato 1); 2. di prescrivere ai titolari del trattamento interessati l'adozione delle misure e degli accorgimenti per il trattamento di dati biometrici di cui al punto 4 delle medesime Linee guida, ai sensi degli articoli 17, 154, comma 1, lettera c) e 167, comma 2, del Codice; 3. che copia del presente provvedimento, unitamente alle menzionate "Linee guida", sia trasmessa al Ministero della giustizia-Ufficio pubblicazione leggi e decreti, per la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ai sensi dell'art. 143, comma 2, del Codice. Roma, 23 novembre 2006 Il presidente: Pizzetti Il relatore: Paissan Il segretario generale: Buttarelli
Allegato 1 GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI Linee guida in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro alle dipendenze di datori di lavoro privati SOMMARIO
Le indicazioni fornite non pregiudicano l'applicazione delle disposizioni di legge o di regolamento che stabiliscono divieti o limiti più restrittivi in relazione a taluni settori o a specifici casi di trattamento di dati (articoli 113, 114 e 184, comma 3, del Codice)1. Le operazioni di trattamento riguardano per lo più: - dati anagrafici di lavoratori (assunti o cessati dal servizio), dati biometrici, fotografie e dati sensibili riferiti anche a terzi, idonei in particolare a rivelare il credo religioso o l'adesione a sindacati; dati idonei a rivelare lo stato di salute, di regola contenuti in certificati medici o in altra documentazione prodotta per giustificare le assenze dal lavoro o per fruire di particolari permessi e benefici previsti anche nei contratti collettivi; - informazioni più strettamente connesse allo svolgimento dell'attività lavorativa, quali la tipologia del contratto (a tempo determinato o indeterminato, a tempo pieno o parziale, etc.); la qualifica e il livello professionale, la retribuzione individuale corrisposta anche in virtù di provvedimenti "ad personam"; l'ammontare di premi; il tempo di lavoro anche straordinario; ferie e permessi individuali (fruiti o residui); l'assenza dal servizio nei casi previsti dalla legge o dai contratti anche collettivi di lavoro; trasferimenti ad altra sede di lavoro; procedimenti e provvedimenti disciplinari. I medesimi dati sono: - contenuti in atti e documenti prodotti dai lavoratori in sede di assunzione (rispetto ai quali, con riferimento alle informazioni raccolte mediante annunci contenenti offerte di lavoro, questa Autorità si è gi à pronunciata 2 o nel corso del rapporto di lavoro; - contenuti in documenti e/o file elaborati dal (o per conto del) datore di lavoro in pendenza del rapporto di lavoro per finalità di esecuzione del contratto e successivamente raccolti e conservati in fascicoli personali, archivi cartacei o elettronici aziendali 3; - resi disponibili in albi e bacheche o, ancora, nelle intranet aziendali. 2. Il rispetto dei principi di protezione dei dati personali In ogni caso, deve trattarsi di informazioni pertinenti e non eccedenti e devono essere osservate tutte le disposizioni della vigente disciplina in materia di protezione dei dati personali che trae origine anche da direttive comunitarie. In particolare, il Codice in materia di protezione dei dati personali (Codice), in attuazione delle direttive 95/46/Ce e 2002/58/Ce, prescrive che il trattamento di dati personali avvenga: - nel rispetto di principi di necessità e liceità e che riguardano la qualità dei dati (articoli 3 e 11); - informando preventivamente e adeguatamente gli interessati (art. 13); - chiedendo preventivamente il consenso solo quando, anche a seconda della natura dei dati, non sia corretto avvalersi di uno degli altri presupposti equipollenti al consenso (articoli 23, 24, 26 e 43 del Codice); - rispettando, se si trattano dati sensibili o giudiziari, le prescrizioni impartite dal Garante nelle autorizzazioni anche di carattere generale rilasciate (articoli 26 e 27 del Codice; cfr., in particolare, l'autorizzazione generale n. 1/2005); - adottando le misure di sicurezza idonee a preservare i dati da alcuni eventi tra i quali accessi ed utilizzazioni indebite, rispetto ai quali può essere chiamato a rispondere anche civilmente e penalmente (articoli 15, 31 e ss., 167 e 169 del Codice). Alcuni scopi sono altresì previsti dalla contrattazione collettiva per la determinazione di circostanze relative al rapporto di lavoro individuale (ad esempio, per la fruizione di permessi o aspettative sindacali e periodi di comporto o rispetto alle percentuali di lavoratori da assumere con particolari tipologie di contratto) o, ancora, dalla legge (quali, ad esempio, le comunicazioni ad enti previdenziali e assistenziali). Se queste finalità sono in termini generali lecite, occorre però rispettare il principio della compatibilità tra gli scopi perseguiti (art. 11, comma 1, lettera b), del Codice): lo scopo perseguito in concreto dal datore di lavoro sulla base del trattamento di dati personali non deve essere infatti incompatibile con le finalità per le quali i medesimi sono stati raccolti. 3. Titolare e responsabile del trattamento In linea di principio, per individuare il titolare del trattamento rileva l'effettivo centro di imputazione del rapporto di lavoro, al di l à dello schema societario formalmente adottato 4. Peraltro, specie nelle realtà imprenditoriali più articolate, questa identificazione può risultare non sempre agevole e tale circostanza costituisce in qualche caso un ostacolo anche per l'esercizio dei diritti di cui all'art. 7 5. Tuttavia, nell'ambito dei gruppi, le società controllate e collegate possono delegare la società capogruppo a svolgere adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale per i lavoratori indicati dalla legge 6: tale attività implica la designazione della società capogruppo quale responsabile del trattamento ai sensi dell'art. 29 del Codice 7. Analoga soluzione (art. 31, comma 2, decreto legislativo n. 276/2003) deve essere adottata per i trattamenti di dati personali, aventi identica natura, effettuati nell'ambito dei consorzi di società cooperative (nei quali a tal fine può essere altresì designata una delle società consorziate). Tale disciplina, che attua anche alcune direttive comunitarie e si colloca nell'ambito del più generale quadro di misure necessarie a tutelare l'integrità psico-fisica dei lavoratori (art. 2087 cod. civ.), pone direttamente in capo al medico competente in materia di igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro la sorveglianza sanitaria obbligatoria (e, ai sensi degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 626/1994, il correlativo trattamento dei dati contenuti in cartelle cliniche). In quest'ambito, il medico competente effettua accertamenti preventivi e periodici sui lavoratori (art. 33 del decreto del Presidente della Repubblica n. 303/1956; art. 16, decreto legislativo n. 626/1994) e istituisce (curandone l'aggiornamento) una cartella sanitaria e di rischio (in conformità alle prescrizioni contenute negli articoli 17, 59-quinquiesdecies, comma 2, lettera b), 59-sexiesdecies e 70 decreto legislativo n. 626/1994). Detta cartella è custodita presso l'azienda o l'unità produttiva, "con salvaguardia del segreto professionale, e [consegnata in] copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa richiesta" (art. 4, comma 8, decreto legislativo n. 626/1994); in caso di cessazione del rapporto di lavoro le cartelle sono trasmesse all'Istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro-Ispesl (art. 72-undecies, comma 3, decreto legislativo n. 626/1994), in originale e in busta chiusa 9. In relazione a tali disposizioni, il medico competente è deputato a trattare i dati sanitari dei lavoratori, procedendo alle dovute annotazioni nelle cartelle sanitarie e di rischio, e curando le opportune misure di sicurezza per salvaguardare la segretezza delle informazioni trattate in rapporto alle finalità e modalità del trattamento stabilite. Ciò, quale che sia il titolare del trattamento effettuato dal medico 10. Alle predette cartelle il datore di lavoro non può accedere, dovendo soltanto concorrere ad assicurarne un'efficace custodia nei locali aziendali (anche in vista di possibili accertamenti ispettivi da parte dei soggetti istituzionalmente competenti), ma, come detto, "con salvaguardia del segreto professionale" 11. Il datore di lavoro, sebbene sia tenuto, su parere del medico competente (o qualora il medico lo informi di anomalie imputabili all'esposizione a rischio), ad adottare le misure preventive e protettive per i lavoratori interessati, non può conoscere le eventuali patologie accertate, ma solo la valutazione finale circa l'idoneità del dipendente (dal punto di vista sanitario) allo svolgimento di date mansioni. In tal senso, peraltro, depongono anche le previsioni legislative che dispongono la comunicazione all'Ispesl della cartella sanitaria e di rischio in caso di cessione (art. 59-sexiesdecies, comma 4, decreto legislativo n. 626/1994) o cessazione del rapporto di lavoro (art. 72-undecies, decreto legislativo n. 626/1994), precludendosi anche in tali occasioni ogni loro conoscibilità da parte del datore di lavoro. 4. Dati biometrici e accesso ad "aree riservate" Si tratta di dati ricavati dalle caratteristiche fisiche o comportamentali della persona a seguito di un apposito procedimento (in parte automatizzato) e poi risultanti in un modello di riferimento. Quest'ultimo consiste in un insieme di valori numerici ricavati, attraverso funzioni matematiche, dalle caratteristiche individuali sopra indicate, preordinati all'identificazione personale attraverso opportune operazioni di confronto tra il codice numerico ricavato ad ogni accesso e quello originariamente raccolto. L'uso generalizzato e incontrollato di dati biometrici, specie se ricavati dalle impronte digitali, non è lecito. Tali dati, per la loro peculiare natura, richiedono l'adozione di elevate cautele per prevenire possibili pregiudizi a danno degli interessati, con particolare riguardo a condotte illecite che determinino l'abusiva "ricostruzione" dell'impronta, partendo dal modello di riferimento, e la sua ulteriore "utilizzazione" a loro insaputa. L'utilizzo di dati biometrici può essere giustificato solo in casi particolari, tenuto conto delle finalità e del contesto in cui essi sono trattati e, in relazione ai luoghi di lavoro, per presidiare accessi ad "aree sensibili", considerata la natura delle attività ivi svolte: si pensi, ad esempio, a processi produttivi pericolosi 13 o sottoposti a segreti di varia natura 14 o al fatto che particolari locali siano destinati alla custodia di beni, documenti segreti o riservati o oggetti di valore 15. In luogo, quindi, di modalità centralizzate di trattamento dei dati biometrici, deve ritenersi adeguato e sufficiente avvalersi di sistemi efficaci di verifica e di identificazione biometrica basati sulla lettura delle impronte digitali memorizzate, tramite il predetto modello cifrato, su un supporto posto nell'esclusiva disponibilità dell'interessato (una smart card o un dispositivo analogo) e privo di indicazioni nominative riferibili a quest'ultimo (essendo sufficiente attribuire a ciascun dipendente un codice individuale). Tale modalità di riconoscimento, infatti, è idonea ad assicurare che possano accedere all'area riservata solo coloro che, autorizzati preventivamente, decidano su base volontaria di avvalersi della predetta carta o del dispositivo analogo. Il confronto delle impronte digitali con il modello memorizzato sulla carta o sul dispositivo può essere realizzato ricorrendo a comuni procedure di confronto sulla carta o dispositivo stesso, evitando così la costituzione di un archivio di delicati dati biometrici. Del resto, in caso di smarrimento della carta o dispositivo, sono allo stato circoscritte le possibilità di abuso rispetto ai dati biometrici ivi memorizzati. In aggiunta alle misure di sicurezza minime prescritte dal Codice, devono essere adottati ulteriori accorgimenti a protezione dei dati, impartendo agli incaricati apposite istruzioni scritte alle quali attenersi, con particolare riguardo al caso di perdita o sottrazione delle carte o dispositivi loro affidati. I dati memorizzati devono essere accessibili al personale preposto al rispetto delle misure di sicurezza all'interno dell'impresa, per l'esclusiva finalità della verifica della loro osservanza (rispettando peraltro la disciplina sul controllo a distanza dei lavoratori: art. 4, comma 2, legge 20 maggio 1970, n. 300, richiamato dall'art. 114 del Codice). I dati raccolti non possono essere di regola conservati per un arco di tempo superiore a sette giorni e vanno assicurati, anche quando tale arco temporale possa essere lecitamente protratto, idonei meccanismi di cancellazione automatica dei dati. 5. Comunicazione e diffusione di dati personali Se il datore di lavoro non può avvalersi correttamente di uno degli altri presupposti del trattamento equipollenti al consenso (art. 24 del Codice), non può prescindersi dal consenso stesso per comunicare dati personali (ad esempio, inerenti alla circostanza di un'avvenuta assunzione, allo status o alla qualifica ricoperta, all'irrogazione di sanzioni disciplinari o a trasferimenti del lavoratore) a terzi quali: - associazioni (anche di categoria) di datori di lavoro, o di ex dipendenti (anche della medesima istituzione); - conoscenti, familiari e parenti. Fermo restando il rispetto dei principi generali sopra richiamati in materia di trattamento di dati personali (cfr. punto 2), rimane impregiudicata la facoltà del datore di lavoro di disciplinare le modalità del proprio trattamento designando i soggetti, interni o esterni, incaricati o responsabili del trattamento, che possono acquisire conoscenza dei dati inerenti alla gestione del rapporto di lavoro, in relazione alle funzioni svolte e a idonee istruzioni scritte alle quali attenersi (articoli 4, comma 1, lettere g) e h), 29 e 30). Ciò, ove necessario, anche mediante consegna di copia di documenti all'uopo predisposti. È altresì impregiudicata la facoltà del datore di lavoro di comunicare a terzi in forma realmente anonima dati ricavati dalle informazioni relative a singoli o gruppi di lavoratori: si pensi al numero complessivo di ore di lavoro straordinario prestate o di ore non lavorate a livello aziendale o all'interno di singole unità produttive, agli importi di premi aziendali di risultato individuati per fasce, o qualifiche/livelli professionali, anche nell'ambito di singole funzioni o unità organizzative). Salvo che ricorra una di queste ipotesi, non è invece di regola lecito dare diffusione a informazioni personali riferite a singoli lavoratori, anche attraverso la loro pubblicazione in bacheche aziendali o in comunicazioni interne destinate alla collettività dei lavoratori, specie se non correlate all'esecuzione di obblighi lavorativi. In tali casi la diffusione si pone anche in violazione dei principi di finalità e pertinenza (art. 11 del Codice), come nelle ipotesi di: - affissione relativa ad emolumenti percepiti o che fanno riferimento a particolari condizioni personali 17; - sanzioni disciplinari irrogate o informazioni relative a controversie giudiziarie; - assenze dal lavoro per malattia; - iscrizione e/o adesione dei singoli lavoratori ad associazioni. Al riguardo, questa Autorità ha già rilevato 18, in relazione allo svolgimento del rapporto di lavoro alle dipendenze di soggetti privati, che l'obbligo di portare in modo visibile un cartellino identificativo può trovare fondamento in alcune prescrizioni contenute in accordi sindacali aziendali, il cui rispetto può essere ricondotto alle prescrizioni del contratto di lavoro. Tuttavia, in relazione al rapporto con il pubblico, si è ravvisata la sproporzione dell'indicazione sul cartellino di dati personali identificativi (generalità o dati anagrafici), ben potendo spesso risultare sufficienti altre informazioni (quali codici identificativi, il solo nome o il ruolo professionale svolto), per sè sole in grado di essere d'ausilio all'utenza. Analoghe cautele, tenendo conto delle circostanze di fatto, devono essere adottate in relazione ad altre forme di comunicazione indirizzate al lavoratore dalle quali possano desumersi vicende personali 20. 6. Dati idonei a rivelare lo stato di salute di lavoratori Per tali informazioni, l'ordinamento appresta anche fuori della disciplina di protezione dei dati personali particolari accorgimenti per contenere, nei limiti dell'indispensabile, i dati dei quali il datore di lavoro può venire a conoscenza per dare esecuzione al contratto (cfr. già l'art. 8 della legge n. 300/1970). In questo contesto, la disciplina generale contenuta nel Codice deve essere coordinata ed integrata, come si è visto (cfr. punto 3.3.), con altre regole settoriali 22 o speciali 23. Resta comunque vietata la diffusione di dati sanitari (art. 26, comma 5, del Codice). A tale riguardo, infatti, sussiste un quadro normativo articolato che prevede anche obblighi di comunicazione in capo al lavoratore e di successiva certificazione nei confronti del datore di lavoro e dell'ente previdenziale della condizione di malattia: obblighi funzionali non solo a giustificare i trattamenti normativi ed economici spettanti al lavoratore, ma anche a consentire al datore di lavoro, nelle forme di legge 24, di verificare le reali condizioni di salute del lavoratore. Per attuare tali obblighi viene utilizzata un'apposita modulistica, consistente in un attestato di malattia da consegnare al datore di lavoro con la sola indicazione dell'inizio e della durata presunta dell'infermità: c.d. "prognosi" e in un certificato di diagnosi da consegnare, a cura del lavoratore stesso, all'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) o alla struttura pubblica indicata dallo stesso Istituto d'intesa con la regione, se il lavoratore ha diritto a ricevere l'indennità di malattia a carico dell'ente previdenziale 25. Tuttavia, qualora dovessero essere presentati dai lavoratori certificati medici redatti su modulistica diversa da quella sopra descritta, nella quale i dati di prognosi e di diagnosi non siano separati, i datori di lavoro restano obbligati, ove possibile, ad adottare idonee misure e accorgimenti volti a prevenirne la ricezione o, in ogni caso, ad oscurarli 26. In tali casi, pur essendo legittima la conoscenza della diagnosi da parte del datore di lavoro, resta fermo a suo carico l'obbligo di limitarsi a comunicare all'ente assistenziale esclusivamente le informazioni sanitarie relative o collegate alla patologia denunciata e non anche dati sulla salute relativi ad altre assenze che si siano verificate nel corso del rapporto di lavoro, la cui eventuale comunicazione sarebbe eccedente e non pertinente con la conseguente loro inutilizzabilità, trattandosi di dati non rilevanti nel caso oggetto di denuncia (art. 11, commi 1 e 2 del Codice) 27. Allo stesso modo, il datore di lavoro può venire a conoscenza dello stato di tossicodipendenza del dipendente, ove questi richieda di accedere a programmi riabilitativi o terapeutici con conservazione del posto di lavoro (senza retribuzione), atteso l'onere di presentare (nei termini prescritti dai contratti collettivi) specifica documentazione medica al datore di lavoro (ai sensi dell'art. 124, commi 1 e 2, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990). In particolare, il datore di lavoro può comunicare all'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) i dati del dipendente assente, anche per un solo giorno, al fine di farne controllare lo stato di malattia (art. 5, commi 1 e 2, legge 20 maggio 1970, n. 300) 29; a tal fine deve tenere a disposizione e produrre, a richiesta, all'Inps, la documentazione in suo possesso. Le eventuali visite di controllo sullo stato di infermità del lavoratore, ai sensi dell'art. 5 della legge 20 maggio 1970, n. 300, o su richiesta dell'Inps o della struttura sanitaria pubblica da esso indicata, sono effettuate dai medici dei servizi sanitari indicati dalle regioni (art. 2, l. n. 33/1980 cit.). Il datore di lavoro è tenuto a rendere al lavoratore, prima di procedere al trattamento dei dati personali che lo riguardano (anche in relazione alle ipotesi nelle quali la legge non richieda il suo consenso), un'informativa individualizzata completa degli elementi indicati dall'art. 13 del Codice 30. Con particolare riferimento a realtà produttive nelle quali, per ragioni organizzative (ad esempio, per l'articolata dislocazione sul territorio o per il ricorso consistente a forme di out-sourcing) o dimensionali, può risultare difficoltoso per il singolo lavoratore esercitare i propri diritti ai sensi dell'art. 7 del Codice, è opportuna la designazione di un responsabile del trattamento appositamente deputato alla trattazione di tali profili (o di responsabili esterni alla società, che effettuino, ad esempio, l'attività di gestione degli archivi amministrativi dei dipendenti), indicandolo chiaramente nell'informativa fornita. Dette informazioni devono essere conservate separatamente da ogni altro dato personale dell'interessato; ciò, deve trovare attuazione anche con riferimento ai fascicoli personali cartacei dei dipendenti (ad esempio, utilizzando sezioni appositamente dedicate alla custodia dei dati sensibili, inclusi quelli idonei a rivelare lo stato di salute del lavoratore, da conservare separatamente o in modo da non consentirne una indistinta consultazione nel corso delle ordinarie attività amministrative 31). Del pari, nei casi in cui i lavoratori producano spontaneamente certificati medici su modulistica diversa da quella descritta al punto 6.2., il datore di lavoro non può, comunque, utilizzare ulteriormente tali informazioni (art. 11, comma 2, del Codice) e deve adottare gli opportuni accorgimenti per non rendere visibili le diagnosi contenute nei certificati (ad esempio, prescrivendone la circolazione in busta chiusa previo oscuramento di tali informazioni); ciò, al fine di impedire ogni accesso abusivo a tali dati da parte di soggetti non previamente designati come incaricati o responsabili (art. 31 e ss. del Codice). - i luoghi ove si svolge il trattamento di dati personali dei lavoratori siano opportunamente protetti da indebite intrusioni; - le comunicazioni personali riferibili esclusivamente a singoli lavoratori avvengano con modalità tali da escluderne l'indebita presa di conoscenza da parte di terzi o di soggetti non designati quali incaricati; - siano impartite chiare istruzioni agli incaricati in ordine alla scrupolosa osservanza del segreto d'ufficio, anche con riguardo a dipendenti del medesimo datore di lavoro che non abbiano titolo per venire a conoscenza di particolari informazioni personali; - sia prevenuta l'acquisizione e riproduzione di dati personali trattati elettronicamente, in assenza di adeguati sistemi di autenticazione o autorizzazione e/o di documenti contenenti informazioni personali da parte di soggetti non autorizzati 33; - sia prevenuta l'involontaria acquisizione di informazioni personali da parte di terzi o di altri dipendenti: opportuni accorgimenti, ad esempio, devono essere presi in presenza di una particolare conformazione o dislocazione degli uffici, in assenza di misure idonee volte a prevenire la diffusione delle informazioni (si pensi al mancato rispetto di distanze di sicurezza o alla trattazione di informazioni riservate in spazi aperti, anzichè all'interno di locali chiusi). 9. Esercizio dei diritti previsti dall'art. 7 del Codice e riscontro del datore di lavoro La richiesta di accesso che non faccia riferimento ad un particolare trattamento o a specifici dati o categorie di dati, deve ritenersi riferita a tutti i dati personali che riguardano il lavoratore comunque trattati dall'amministrazione (art. 10) e può riguardare anche informazioni di tipo valutativo 35, alle condizioni e nei limiti di cui all'art. 8, comma 5. Tra essi non rientrano notizie di carattere contrattuale o professionale che non hanno natura di dati personali in qualche modo riferibili a persone identificate o identificabili 36. Pertanto il datore di lavoro, specie nelle realtà produttive di grande dimensione 39, deve pertanto predisporre procedure organizzative adeguate per dare piena attuazione alle disposizioni del Codice in materia di accesso ai dati e all'esercizio degli altri diritti, anche attraverso l'impiego di appositi programmi finalizzati ad una accurata selezione dei dati relativi a singoli lavoratori, nonchè alla semplificazione delle modalità e alla compressione dei tempi per il riscontro. Muovendo dalla previsione dell'art. 10, comma 1, del Codice, secondo cui il titolare deve predisporre accorgimenti idonei "a semplificare le modalità e a ridurre i tempi per il riscontro al richiedente", può risultare legittima la richiesta dell'interessato di ricevere la comunicazione dei dati in questione presso la propria sede lavorativa o la propria abitazione 40. Specie nei casi in cui è elevata la mole di informazioni personali detenute dal titolare del trattamento, il diritto di accesso ai dati può essere soddisfatto mettendo a disposizione dell'interessato il fascicolo personale 42, dal quale successivamente possono essere estratte le informazioni personali. La scelta circa l'eventuale esibizione o consegna in copia di atti e documenti contenenti i dati personali richiesti può essere effettuata dal titolare del trattamento nel solo caso in cui l'estrapolazione dei dati personali da tali documenti risulti particolarmente difficoltosa per il titolare medesimo 43; devono essere poi omessi eventuali dati personali riferiti a terzi (art. 10, comma 4, del Codice) 44. L'adozione di tale modalità di riscontro non comporta l'obbligo in capo al titolare di fornire copia di tutti i documenti che contengano i medesimi dati personali dell'interessato, quando gli stessi dati siano conservati in più atti, lettere o note. Nel fornire riscontro ad una richiesta di accesso formulata ai sensi degli articoli 7 e 8 del Codice, il titolare del trattamento deve, poi, comunicare i dati richiesti ed effettivamente detenuti, e non è tenuto a ricercare o raccogliere altri dati che non siano nella propria disponibilità e non siano oggetto, in alcuna forma, di attuale trattamento da parte dello stesso (o perchè originariamente trattati e non più disponibili, ovvero perchè, come nel caso di dati contenuti nella corrispondenza intercorsa, in qualunque forma, tra dipendenti di un determinato datore di lavoro, non siano mai stati nell'effettiva e libera disponibilità di quest'ultimo (si pensi al caso di dati contenuti nella corrispondenza intercorsa tra dipendenti 45) - al di là dei profili di tutela della segretezza della corrispondenza che pur vengono in rilievo - non competerebbero le decisioni in ordine alle loro finalità e modalità di trattamento (cfr. art. 4, comma 1, lettera f), del Codice). In ordine, poi, all'eventuale richiesta di rettifica dei dati personali indicati nel profilo professionale del lavoratore, la medesima può avvenire solo in presenza della prova dell'effettiva e legittima attribuibilità delle qualifiche rivendicate dall'interessato, ad esempio in base a "decisioni o documenti del datore di lavoro o di terzi, obblighi derivanti dal contratto di lavoro, provvedimenti di organi giurisdizionali relativi all'interessato o altri titoli o atti che permettano di ritenere provata, agli effetti e sul piano dell'applicazione della [disciplina di protezione dei dati personali], la richiesta dell'interessato" (che può comunque far valere in altra sede, sulla base di idoneo materiale probatorio, la propria pretesa al riconoscimento della qualifica o mansione rivendicata) 47.
NOTE 1. Le indicazioni rese tengono altresì conto, per i profili esaminati, della Raccomandazione n. R (89) 2 del Consiglio d'Europa relativa alla protezione dei dati a carattere personale utilizzati ai fini dell'occupazione, del Parere 8/2001 sul trattamento dei dati personali nel contesto dell'occupazione, reso il 13 settembre 2001 dal Gruppo dei Garanti europei e del Code of practice, "Protection of workers' personal data", pubblicato dall'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO). |